Il sarcoma di Ewing è piuttosto raro, per questo motivo è importante rivolgersi a centri specializzati che sappiano affrontare al meglio il percorso di diagnosi e di cura della malattia.
Queste strutture prevedono specialisti oncologi dell'adulto e pediatrici, chirurghi ortopedici, esperti in oncologia ossea, chirurghi generali e toracici, anatomo-patologi esperti in sarcomi, radioterapisti, esperti in riabilitazione, psicologi, personale infermieristico dedicato ed altri specialisti in grado di garantire trattamento e riabilitazione ottimali, al fine di migliorare la sopravvivenza e la qualità di vita dei pazienti.
La terapia del Sarcoma di Ewing è notevolmente cambiata nel corso degli anni: come per quasi tutti i tumori ossei gli interventi demolitivi sono stati abbandonati, sia perché non garantivano miglioramenti della sopravvivenza dato che comunque i pazienti morivano per metastasi a distanza sia per i progressi delle tecniche chirurgiche ricostruttive. Il Sarcoma di Ewing è un tumore che risponde alla radioterapia che ottiene un controllo locale di oltre il 60% senza miglioramenti però sulla sopravvivenza.
La chemioterapia
La chemioterapia ha significativamente modificato la prognosi del sarcoma di Ewing, raggiungendo attualmente elevate percentuali di guarigione nelle forme prive di evidenti metastasi all’esordio.
Vi è una attuale tendenza a far precedere il trattamento locale chirurgico e/o radioterapico da una chemioterapia. La finalità di tale approccio è quella di determinare una riduzione della neoplasia in modo da facilitare l’intervento chirurgico.
In questo caso è inoltre possibile valutare la sensibilità ai chemioterapici utilizzati mediante esame istologico effettuato sul pezzo di resezione.
La prosecuzione del trattamento chemioterapico può essere un questo modo indirizzato in base alla qualità della risposta alla chemioterapia primaria.
I chemioterapiaci utilizzati nel sarcoma di ewing sono rappresentati da adriamicina, ifosfamide, ciclofosfamide, etoposide, vincristina e dactinomicina.
In controtendenza rispetto a quanto osservato in altri tumori, sembra che il trattamento con alte dosi possa avere un ruolo nel sarcoma di Ewing.
In proposito è attualmente in corso un importante studio cooperativo europeo.
In Italia è attivo uno studio multicentrico, condotto in collaborazione con lo Scandinavian Sarcoma Group, in cui pazienti che mostrano istologicamente la persistenza di focolai tumorali vitali, pur in presenza di una buona risposta clinica e radiografica, vengono avviati nella fase post operatoria ad un trattamento intensificato con alte dosi di busulfano e melfalan.
Malattia localizzata, rischio standard
Vi è una chiara evidenza derivata da studi clinici non randomizzati, che il trattamento chemioterapico associato alla chirurgia e/o radioterapia offra un significativo vantaggio rispetto al solo trattamento chirurgico e/o radioterapico.
Sebbene l'uso della chemioterapia primaria o chemioterapia neoadiuvante, con trattamento chirurgico ritardato della lesione primitiva, sia una procedura largamente adottata a livello internazionale, non esistono evidenze cliniche che un trattamento neoadiuvante sia superiore, in termini di risultati oncologici, ad un trattamento adiuvante o post-chirurgico.
Nell’ ambito di studi clinici la valutazione della necrosi tumorale chemioindotta può essere utilizzata per scegliere il trattamento chemioterapico post chirurgico.
I farmaci di dimostrata efficacia e largamente utilizzati sono l'adriamicina (ADM), l'ifosfamide (IFO), la ciclofosfamide (CTX), l’etoposide (VP16), la vincristina (VCR) e l’Actinomicina-D (Act-D).
Nell’ ambito di studi clinici è possibile utilizzare trattamenti con alte dosi di chemioterapici seguiti da reinfusione di cellule staminali periferiche. A tal fine viene raccomandato l’ uso di Busulfano e di Melfalan.
Nel protocollo attualmente in corso presso lo IOR, tale approccio viene proposto a tutti i pazienti che mostrano una non completa efficacia del trattamento di induzione a dosi standard.
Malattia metastatica all'esordio, alto rischio
Anche per i pazienti che presentano alla diagnosi metastasi documentate dalle usuali tecniche diagnostiche come TC, RM e scintigrafia scheletrica, non sono disponibili in letteratura studi randomizzati, ma solo studi clinici non controllati.
D'altra parte, la rarità della malattia e l'eterogeneità della diffusione metastatica rende uno studio randomizzato difficilmente realizzabile.
Vi è indicazione ad un trattamento chemioterapico associato a chirurgia o radioterapia della lesione primitiva e di quelle metastatiche.
I farmaci utilizzati sono gli stessi usati per le forme localizzate.
Molti gruppi hanno utilizzato trattamenti di chemioterapia a regimi ad alte dosi per migliorare i risultati in pazienti ad alto rischio.
Le cellule staminali utilizzate per il trattamento ad alte dosi sono state più spesso di tipo autologo (del paziente stesso); è ormai accettato l’utilizzo di cellule staminali derivate dal sangue periferico piuttosto che dal midollo osseo.
Questo trattamento è stato associato in passato alla in alcuni casi alla cosiddetta total body irradation (TBI), una radioterapia a basso dosaggio di tutto il corpo. Dalla revisione dei dati della letteratura sembra che in questo gruppo di pazienti la TBI non offra particolari vantaggi mentre l’utilizzo delle alte dosi appare particolarmente giustificato.
Ricaduta della malattia
Studi recenti sembrano evidenziare l’efficacia del solo trattamento chirurgico in particolari sottogruppi di pazienti con lungo intervallo libero da malattia e metastatizzazione polmonare monolaterale con numero limitato di lesioni.
Nel tentativo di migliorare la sopravvivenza di questo gruppo di pazienti sono stati recentemente elaborati trattamenti più intensivi con chemioterapia sovramassimale e reinfusione di cellule staminali autologhe.
I risultati preliminari attualmente disponibili sono particolarmente incoraggianti e l’ uso di protocolli chemioterapici con alte dosi di Busulfano e Melfalan sono raccomandati in pazienti con sarcoma di Ewing in recidiva.
Il Melphalan è l’agente più utilizzato nei regimi ad alte dosi per sarcoma di Ewing e dalle revisioni della letteratura è emerso che la combinazione di questo farmaco con il Busulfano dia risultati superiori.
Non vi sono attualmente segnalazioni che riportino l’ efficacia dell’ uso di procedure che utilizzino il trapianto allogenico (con utilizzo di cellule staminali da donatore) in questo sottogruppo di pazienti.
I moderni protocolli di chemioterapia pre e postoperatoria associati alla chirurgia conservativa dell'arto, con l'utilizzo della radioterapia solo in casi selezionati nei quali il trattamento chirurgico conservativo è impossibile, hanno drammaticamente migliorato la prognosi di questi pazienti con una sopravvivenza a 5 anni di circa il 70%.
La fase di trattamento può includere chirurgia, chemioterapia e radioterapia oppure diverse combinazioni delle tre tecniche sulla base delle caratteristiche del tumore e del paziente.
La chirurgia permette in molti casi di rimuovere completamente il tumore senza lasciare conseguenze troppo evidenti per il paziente, ma tutto dipende dalle dimensioni della massa da eliminare e dalla sua posizione.
L’approccio più utilizzato oggi è comunque quello conservativo, che cerca cioè di mantenere il più possibile intatta la funzionalità della regione trattata chirurgicamente: se per esempio il tumore interessa il braccio o la gamba, è spesso possibile rimuovere la parte malata dell’osso e sostituirla con un osso proveniente da un donatore o con una protesi artificiale.
L’applicazione di queste protesi ai bambini ancora in fase di crescita costringe i piccoli pazienti a sottoporsi nel tempo a diversi interventi per modificarle in base ai cambiamenti della struttura scheletrica, anche se, grazie ai continui progressi della ricerca, sono oggi disponibili protesi di lunghezza variabile che riducono notevolmente il numero delle operazioni chirurgiche successive.
Nel trattamento dei tumori di Ewing, la chemioterapia viene somministrata per via endovenosa e viene spesso utilizzata prima del trattamento locale con chirurgia o radioterapia allo scopo di ridurre la massa del tumore.
I farmaci chemioterapici possono anche essere utilizzati dopo l’intervento chirurgico o la radioterapia per aiutare a eliminare eventuali metastasi.
Nei tumori che non rispondono ai trattamenti standard o che si ripresentano dopo le terapie iniziali, è possibile utilizzare alte dosi di chemioterapia seguite da trapianto di cellule staminali che vanno a sostituire le cellule del midollo distrutte dai chemioterapici.
Nel caso di trapianto autologo, le cellule staminali vengono prelevate dal sangue del paziente tramite una procedura chiamata aferesi e in seguito congelate, per poi essere nuovamente infuse con una tecnica del tutto simile a una normale trasfusione di sangue.
La radioterapia, alla quale il tumore di Ewing risponde piuttosto bene, è un’opzione di trattamento che viene scelta in genere nei casi difficili da operare a causa della dimensione o della posizione del tumore (per esempio, per i tumori localizzati al bacino).
In altri casi la radioterapia viene associata alla chirurgia con lo scopo di ridurre la massa da asportare.
I continui progressi nella ricerca portano all’identificazione di nuovi possibili bersagli contro i quali creare farmaci specifici, come per esempio la proteina CD99: un gruppo di ricercatori bolognesi finanziati da AIRC ha infatti scoperto che questa molecola ha un ruolo di primo piano nella trasformazione in senso tumorale delle cellule del sarcoma di Ewing.
In base a questi primi risultati si può pensare a nuove terapie che spingano le cellule a scegliere la via non tumorale.